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Enea Melandri

mercoledì 16 giugno 2010

La Politica contro la Giustizia. Ancora.


"Un golpe" così il neo presidente piemontese Roberto Cota definisce il ricorso presentato al Tar circa l'irregolarità di una lista che lo sosteneva. L'esponente leghista ha imparato bene la lezione dal Presidente del Consiglio, in tema di appelli urlati e populismo spiccio, arrivando addirittura ad organizzare una fiaccolata contro la magistratura.
E non è tutto per Cota: ricorso contro di lui è stato avanzato anche da tre esponenti dei radicali - Silvio Viale, presidente Associazione Aglietta, Nathalie Pisano, segretario e Salvatore Grizzanti, tesoriere.
"La legge 154 del 1981 - spiega Giulio Manfredi del Comitato nazionale radicali italiani - specifica agli articoli 4 e 6 che la carica di parlamentare è assolutamente incompatibile con quella di consigliere di Regione. Chi si trova in questa situazione, come Roberto Cota, ha dieci giorni di tempo dal momento in cui è sopraggiunta l'incompatibilità per decidere quale delle due cariche ricoprire. Nel caso di Cota però questo non è successo, lui non ha scelto. La legge quindi permette ai cittadini di fare un ricorso, che si chiama azione popolare, al Tribunale." Una seconda azione popolare è stata depositata contro Gianluca Buonanno, deputato leghista, consigliere regionale e sindaco di Varallo (Vc). I tempi del procedimento dovrebbero essere brevi. "Dopo che il Tribunale avrà notificato il ricorso - spiega Manfredi - Cota e Buonanno avranno hanno dieci giorni per scegliere cosa fare. Nel 2005 noi radicali vincemmo lo stesso tipo di ricorso contro Rolando Pichhioni, quando il Consiglio regionale, allora presieduto casualmente da Roberto Cota, si era pronunciato invece per la compatibilità". I radicali stanno pensando di procedere sulla stessa strada con altri tre politici. "Sono Michele Marinello - prosegue Manfredi - consigliere regionale leghista e sindaco di Domodossola, Massiilano Motta, consigliere del Pdl e assessore a Castiglione torinese, Claudio Sacchetto, assessore regionale leghista all'agricoltura, consigliere regionale e assessore in Provincia di Cuneo".
Nei cicloni giudiziari s'inserisce anche il Premier Silvio Berlusconi, intervenendo sulle indagini sul dopo-terremoto e sulle varie appaltopoli, ed alza il tiro arrivando alle minacce: "La Protezione civile non tornerà in Abruzzo finché ci sarà l'inchiesta sul terremoto!".
Un monito che cela una strumentalizzazione del dolore ancor più subdola delle foto con l'elmetto da minatore o con la vedova tra le braccia.

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