lunedì 26 luglio 2010
Il Mio Buon Costume
In diversi testi legislativi si fa riferimento ad un fumoso concetto di 'buon costume', definito, ancor più fumosamente, come 'morale comune'.
Penso che il senso di morale sia personale, e che non ne esista uno 'comune'; inoltre, una comunicazione laica non deve appoggiarsi ad alcuna impalcatura di regole di origine sessista, politica o religiosa. Tuttavia, occorre tenere in considerazione la sensibilità ed i limiti educativi delle persone.
Cosa intendo con questo? Che ad esempio, e qui mi riferisco all'ambito televisivo, non si possa mostrare un atto sessuale negli orari in cui anche i bambini sono davanti agli schermi. E questo non perchè creerebbe scandalo, ma perchè spettatori di tenera età non capirebbero appieno il significato delle immagini trasmesse.
Non credo esistano problemi di alcun tipo invece nel mostrare corpi nudi, qualora inseriti nel giusto contesto comunicativo e con il consenso dei proprietari di quei corpi (anche qui, unico vincolo sarebbe il lato sessuale, per cui esclusi eccitazione e/o autoerotismo). Medesima limitazione da fare per quanto riguarda i naturali bisogni fisiologici, la cui rappresentazione (trasmissione audio/video o per iscritto) può urtare le percezioni sensoriali degli utenti.
Uscendo dal mondo televisivo, stesso discorso per le trasmissioni audio e per la stampa, dove andrebbero bandite letture che si addentrano in descrizioni dettagliate di membra, corpi e dettagli sgradevoli.
Passiamo al lato sociale, cioè all'esclusione di epiteti scurrili, volgari e gratuitamente offensivi, come parolacce e bestemmie, soprattutto quando usati in modo leggero ed inutile. E, anche in questo caso, non perchè qualcuno si scandalizzerebbe, ma per non educare al turpiloquio i fruitori dei messaggi.
Se CAZZO o FIGA sono ormai usati come intercalari, non significa sia giusto che questi trovino spazio nella comunicazione generale, che svolge anche un'importante azione educativa. (ne parlo qui)
Altro capitolo, su cui si potrebbe spaziare per pagine e pagine, riguarda la sensibilità personale; se qualcuno sviene alla sola vista del sangue, c'è chi potrebbe anche assistere ad un intervento a cuore aperto mangiando un panino. Qui entra in gioco la truculenza delle immagini, dei suoni o dei testi.
Mostrare persone o animali nell'atto di morire tra spasmi e grida è quantomeno sconveniente, stesso dicasi per torture o violenze. Da evitare quindi primi piani e descrizioni di ferite aperte o sanguinanti.
La mia personale definizione di buon costume è da intendersi valida per le ore diurne e serali, dalle 6 all'1 di notte, per esempio, ed escludendo gli ambiti in cui questi elementi siano necessari per la corretta fruizione del messaggio comunicativo, previa nota informativa all'utente.
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