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Enea Melandri

giovedì 24 febbraio 2011

La Quarta Via è la sola Via di Uscita alla Crisi del Modello Sociale

di Pino A. Quartana, segretario del Nuovo Partito d'Azione

Dalle giovani masse arabe in rivolta arriva un messaggio nuovo, un messaggio di libertà, democrazia, di rifiuto dell'esclusione sociale, di rifiuto a subire già da ragazzi un destino di miseria. Si delinea, a livelli ancor più insostenibili rispetto all'Italia o all' Occidente, una 'seconda società' anche in quei Paesi.
I fenomeni sociali si stanno globalizzando e sincronizzando in vaste aree del pianeta. Internet favorisce questa sincronizzazione, ma non solo Internet. C'è una crescente presa di coscienza della ingiustizia della distribuzione delle ricchezze non solo tra il ricco Occidente (ma non più tanto ricco) ed il Terzo e Quarto Mondo ma all'interno di tutte le singole società nazionali del Terzo Mondo (il Quarto è forse ancora troppo povero anche per ribellarsi). Questa è la novità degli ultimi tempi così come la 'seconda società' araba, che prende coscienza dei suoi diritti. Sembra venire questa volta da quei giovani arabi in rivolta un messaggio che sorprende anche noi occidentali. Speriamo che sia il '68 o il 1989 o il 1789 dei giovani arabi e non l'ennesima anticamera di altri regimi fondamentalisti islamici. Ma se è così come spero, si apre un quadro davvero diverso. La "seconda società" aumenta di numero e prende coscienza di sé un po' dappertutto; negli Usa (ancora poco), in Italia, in Europa, nei paesi dell'ex blocco comunista e ora anche nei paesi arabi.
Questo movimento non ha ancora il senso chiaro di molte cose. Mancano ancora le forze politiche che devono guidarlo. In Italia l'unica formazione politica che parla di questi temi, che ha la chiara consapevolezza di tutto ciò e che si candida a questo ruolo è il Nuovo Partito d'Azione, sia detto senza iattanza anzi con la profonda consapevolezza dei limiti organizzativi e dello spaventoso scarto di mezzi di supporto rispetto all'obiettivo.
Noi abbiamo ben chiaro che i problemi italiani non sono solo specificamente italiani e non dipendono solo dalla presenza di Berlusconi.
Senza che ciò significhi minimamente alleggerire Berlusconi e la sua cricca delle pesanti responsabilità che ha nella moltiplicazione delle sofferenze e delle ingiustizie sociali.
Bisogna a questo punto avere lo sguardo acuto e penetrante per il presente ed ancor più per il futuro. Bisogna far capire a tutti, forze politiche di sinistra, di centro, di destra, al popolo, che bisogna preparare una radicale riforma delle nostre società e della società italiana in particolare perché le tendenze storiche immanenti non promettono nulla di buono per il presente ed ancor più per il futuro. Il radicale riorientamento del modello di società non è che va fatto perché c'è un gruppetto di visionari o di idealisti o di rivoluzionari che da un giorno all'altro si mette in testa che così non si può più andare avanti.
Il radicale riorientamento sarà il necessario contraccolpo della convergenza di processi in atto su scala internazionale che moltissime persone ancora non vedono. Voglio dire, in altri termini, che un nuovo modello di società basato su più sobrietà, su una redistribuzione significativa di redditi, ricchezza patrimoniale, lavoro e opportunità, su una maggiore varietà di sistemi e forme di produzione, su maggiore equilibrio e felicità sociale, sulla conversione dell'eccesso di ricchezza verso la ricchezza sociale e solidale, sulle energie rinnovabili sarà la necessaria risposta ad un mondo che non ha più risposte da dare a masse sempre più ampie di popolazione ed in particolare ad una 'seconda società' composta soprattutto da un nuovo proletariato scolarizzato giovanile (ma non solo su quello ovviamente) che cresce sempre più come conseguenza anche di un impoverimento generale del Paese. L'impoverimento ha molte cause e purtroppo nessuna sembra congiunturale e tutte sembrano strutturali.
Nell'ordine;
1) Una perdita progressiva di posti di lavoro a sua volta generata da altri fattori; globalizzazione, delocalizzazione produttiva, continuo avanzamento del progresso tecnologico che sostituisce il lavoro umano con il lavoro delle macchine, caduta progressiva del saggio di profitto del Capitale, almeno nelle società occidentali;
2) Progressivo esaurimento delle risorse naturali e delle materie prime tanto più sull'onda dell'esplosione della domanda da parte dei paesi BRIC che stanno ripercorrendo le fasi di industrializzazione e di accumulazione originaria del Capitale che in Occidente sono state già raggiunte decenni fa;
3) Una scolarizzazione progressiva ed un aumento della domanda di qualità della vita a cui non corrispondono nel mondo della produzione adeguati livelli di offerta di lavoro sia in termini qualitativi che in termini quantitativi;
4) Una progressiva concentrazione in tutti i Paesi della ricchezza in poche mani ed una progressiva proletarizzazione del ceto medio che diventa tragica quando dal ceto medio di scende alla fisiologica area della seconda società di emarginati, precari, disoccupati ecc. ecc.
5) Debiti pubblici statali in crescita o comunque difficilmente comprimibili in assenza di misure straordinarie che comunque fuoriescono dagli schemi del 'pensiero unico' liberista.
La crescita delle fasce sociali in sofferenza e della 'seconda società' è anche il prodotto del progressivo disinteresse dello Stato rispetto ai meccanismi di regolazione sociale e dell'avvento della globalizzazione, che spinge l'impresa a produrre dove il costo del lavoro è molto minore e che, nello stesso tempo, determina un aumento dell'esercito di riserva, composto anche da molti immigrati, che comprime sempre più in basso le retribuzioni e le condizioni di lavoro. La finanziarizzazione dell'economia quindi in realtà c'entra poco o nulla ed è una schiocchezza retorica che la sinistra italiana sventola senza sapere di cosa sta parlando.
Tutte queste condizioni strutturali non sembrano, al momento attuale, suscettibili di una inversione di tendenza.
E qui si torna al mio discorso di partenza; tutte questi fattori determinano un progressivo impoverimento del Paese e dei ceti più deboli che si allargano in quantità e quindi la risposta non può che essere un riorientamento del nostro modello di società nel senso già detto. Questo riorientamento è, nella sostanza, anche la nostra ricetta; la Quarta Via neoazionista, un obiettivo al livello più alto possibile che il Nuovo Partito d'Azione metterà a disposizione di tutti coloro che cercano una via di uscita, sapendo bene che la via di uscita non potrà essere assolutamente il modello liberista che già sta producendo sconquassi immani, non potrà essere il comunismo che o è morto e seppellito storicamente oppure non si sa oggi cosa possa essere, non può nemmeno essere il modello socialdemocratico europeo che ha dimostrato di essere troppo blando di fronte alle nuove inquietanti tendenze prima descritte e troppo arrendevole nei confronti del totalitarismo insito nel liberismo selvaggio globalizzato.

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