Successe a Palermo, cinque anni fa.
Un'insegnante elementare, ora in pensione, decise di punire un suo alunno facendogli scrivere cento volte "sono deficiente" sulla lavagna. Il motivo era l'omofobia precoce dimostrata dal bambino, che impediva ad un compagno di entrare nel bagno apostrofandolo come gay.
E da qui è cominciata la battaglia legale: secondo il padre, il castigo deciso dall’insegnante avrebbe provocato dei danni psicologici al figlio, e per tutelarlo si è rivolto al tribunale che in secondo grado ha condannato la donna ad un anno di carcere. L’insegnante ha già fatto sapere che intende ora portare la propria storia alla Cassazione.
Nonostante sia assolutamente avverso ad ogni forma di omofobia, credo sia sbagliato difendere l'insegnante: la discriminazione è frutto dell'ignoranza, e scrivere cento volte "sono deficiente" non fa maturare nessuno. L'educazione, la conoscenza e la cultura sono gli strumenti da usare per vincere l'ignoranza.
Attenzione, però, neanche il padre ci fa una bella figura: anziché farsi un esame di coscienza, sedersi a parlare faccia a faccia col figlio e capire quali siano le sue convinzioni ed il perché abbia agito in quel modo, ha preferito scatenare subito la guerra contro la maestra.
Anche questo episodio è un sintomo della degenerazione della convivenza civile nella nostra società.
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