
La Scuola dovrebbe essere il luogo deputato alla formazione ed alla crescita per eccellenza, dovrebbe essere l'ambiente in cui gli individui acquisiscono maturità, consapevolezza e responsabilità per il loro futuro. Oltre ad un discreto bagaglio culturale, ovvio.
L'obiettivo del percorso scolastico, però, è mutato negli anni; non mi riferisco, non solo almeno, all'ultima orrenda riforma targata Gelmini, sono anni che l'offerta culturale viene impoverita, scarnificata e messa sempre più al servizio di capitale e imprese.
La Scuola deve formare dei Cittadini, degli individui dotati di intelletto e spirito critico, capaci di ragionare, prendere decisioni ed iniziative; il messaggio che invece sta passando da diverso tempo a questa parte, è che la Scuola debba formare dei Lavoratori.
E cosa sono, ormai, i lavoratori, nell'ottica profittivistica e iperliberista che permea l'azione politica italiana? Merce.
Semplice merce asservita e schiacciata agli interessi del capitale e del profitto. L'ideale del lavoro nobile, come forza motrice del progresso e fondamento della nostra democrazia, è ormai scemato, calpestato dal precariato e dalla 'flessibilità', imposti ai giovani come condizioni imprescindibili per accedere al futuro.
Credo serva, nel lavoro, ma anche e soprattutto nella scuola, rimettere al centro la persona, assecondando la sua formazione e la sua crescita, foraggiandone ideali, fantasie ed ambizioni; una Scuola Libertaria, detta in politichese.
Sentimenti come l'intolleranza, il razzismo o l'omofobia trovano terreno fertile in una società che funziona come una catena di montaggio, in cui tutti sono l'uguale copia di un modello utopico e funzionale, in cui le differenze non sono viste come un'occasione di arricchimento reciproco, ma come qualcosa da appianare e cancellare.
E' più facile pensare di azzerare le cose che distinguono ogni persona, piuttosto che fermarsi, comprenderle, comprenderne le ragioni, ed accettarle.
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